Ancora difficili da diagnosticare e molto eterogenei da un punto di vista clinico e biologico, i tumori neuroendocrini sono un gruppo di neoplasie che ogni anno fa registrare in Italia più di 2.600 nuovi casi. Il paziente deve assolutamente essere assistito da un team multidisciplinare che discute il singolo caso clinico e delinea il piano terapeutico più idoneo. È quanto ribadisce una recente revisione condotta dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) realizzata grazie al supporto incondizionato di Ipsen S.p.A. e pubblicata sulla rivista Cancer Treatment Reviews. “Abbiamo condotto un’analisi per valutare il ruolo effettivo dei farmaci octreotide e lanreotide – sottolinea il prof. Saverio Cinieri, Presidente Nazionale dell’AIOM -. Si tratta di due analoghi della somatostatina che utilizziamo da anni come terapie in grado di bloccare la crescita tumorale e di controllare alcuni sintomi associati alla malattia. Tuttavia, il loro uso in alcuni contesti clinici per i tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici e polmonari, risulta controverso. Non c’è un accordo universale tra gli specialisti in quanto le evidenze scientifiche non sono così nette. Anche le varie linee guida internazionali risultano talvolta discrepanti tra di loro”. “Con la nostra pubblicazione abbiamo analizzato criticamente l’evidenza scientifica su otto situazioni cliniche particolari nelle quali l’utilizzo degli analoghi della somatostatina è dibattuto. – prosegue il prof. Nicola Fazio, Direttore del Programma Tumori dell’Apparato Digerente e Neuroendocrini dell’Istituto Europeo di Oncologia IEO -. È emerso che, a differenza di situazioni cliniche classiche dove l’utilizzo di queste terapie è di routine, esistono contesti particolari in cui octreotide e lanreotide possono determinare benefici a pazienti selezionati, benché le evidenze scientifiche siano modeste. Questa tipologia di casi dovrebbe essere discussa all’interno di gruppi multidisciplinari dedicati ai tumori neuroendocrini, comprendenti clinici quali oncologo, endocrinologo, gastroenterologo, internista, medico nucleare”.
“I tumori neuro-endocrini interessano complessivamente in Italia 24mila pazienti e la sopravvivenza a cinque anni si attesta al 63% – sottolinea il prof. Fazio -. Le neoplasie neuroendocrine, la cui incidenza è in crescita progressiva, sono delle forme di cancro che origina dalle cellule del sistema neuroendocrino. Quindi possono svilupparsi in diversi organi. Quelle gastroenteropancreatiche e polmonari, che abbiamo preso in considerazione nella review, rappresentano oltre l’80% della totalità dei casi. In quanto infrequenti, sono malattie oncologiche più difficili da diagnosticare e da trattare e, pertanto, i pazienti dovrebbero essere gestiti in centri di riferimento”. “In Italia sono attivi otto centri d’eccellenza per la cura dei tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici che hanno ricevuto la certificazione della Società Europea dei Tumori Neuroendocrini – conclude Cinieri -. Esistono, inoltre, diverse strutture ospedaliere, universitarie o di ricerca, nelle quali vi sono competenze mono o oligo-specialistiche per la cura di queste particolari forme di cancro. Sono neoplasie complesse e contro le quali sono stati ottenuti risultati importanti negli ultimi 20 anni. È indispensabile un maggiore coordinamento sul fronte della ricerca scientifica se vogliamo incrementare ulteriormente le percentuali di sopravvivenza”.