Le malattie cardiovascolari sono le patologie che colpiscono il cuore e/o i vasi sanguigni. Il danno provocato da queste malattie può far sì che, in determinati distretti, non giunga una quantità di sangue adeguata alle esigenze. L’insufficiente afflusso di sangue in un distretto fa sì che le cellule che lo costituiscono vadano rapidamente incontro a carenza di ossigeno. Questa carenza di ossigeno è detta ischemia.
Se l’ischemia si prolunga nel tempo, può causare la morte di una parte dell'organo (infarto). Le malattie cardio-cerebro vascolari sono, anche in Italia, uno dei più importanti problemi di sanità pubblica. Rientrano in questo gruppo, in particolare, le malattie ischemiche del cuore (infarto acuto del miocardio e angina pectoris), le patologie cerebrovascolari (ictus ischemico ed emorragico) e le malattie cardiache strutturali (stenosi aortica, insufficienza mitralica, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco).
I fattori di rischio modificabili per le malattie cardio-cerebrovascolari sono numerosi:
· fumo di tabacco,
· sedentarietà e consumo eccessivo di alcol
· alimentazione scorretta (con scarso consumo di frutta e verdura e di pesce, eccessivo introito di sale e grassi saturi con i cibi, ecc)
· sovrappeso/obesità, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete
Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), le malattie cardiovascolari sono la prima causa di mortalità a livello globale, responsabili di oltre 17,9 milioni di morti all’anno (pari al 31% di tutte le cause di morte). In Europa sono circa 3,9 milioni i decessi per malattie cardiovascolari e, nonostante ci sia stata una leggera diminuzione del tasso di mortalità in molti Paesi europei, il numero di individui affetti da almeno una malattia cardiovascolare rimane molto alto (pari a circa 49 milioni di persone). Inoltre, le malattie cardiovascolari risultano ancora la prima causa di morte prematura negli individui sotto i 75 anni (pari a circa 1,3 milioni di decessi) e negli individui in età attiva, 15-64enni (pari a circa 670 miladecessi). (1)
Anche in Italia, le malattie cardiovascolari sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Secondo gli ultimi dati ISTAT, le malattie cardiovascolari rappresentano, con quasi 220.000 decessi ogni anno, ancora la principale causa di morte nel nostro Paese, sia negli uomini che nelle donne.
L’analisi in dettaglio per uomini e donne permette di rilevare alcune interessanti specificità di genere. Le malattie ischemiche del cuore (37.958 decessi nel 2015) sono la causa di mortalità più frequente tra gli uomini, mentre tra le donne, le prime 3 cause sono rappresentate dalle malattie cerebrovascolari (37.304 decessi nel 2015), dalle malattie ischemiche del cuore (37.140) e da altre malattie del cuore (28.050), che includono anche le malattie cardiache strutturali. I decessi riguardano soprattutto la fascia più anziana della popolazione: infatti più del 90% delle morti è stata registrata negli individui con più di 65 anni. L’ età si configura quindi come uno dei principali fattori di rischio per la mortalità. (1)
Negli ultimi 27 anni, in linea con il trend registrato nei Paesi UE-28, anche in Italia è stata rilevata una riduzione generale del tasso di prevalenza delle malattie cardiovascolari. Tra il 1990 e il 2017, la prevalenza si è infatti ridotta per entrambi i sessi, e nel 2017 si è attestata al 7,4% per la popolazione di sesso maschile (-0,6 punti percentuali rispetto al 1990) e al 5,1% per la popolazione di sesso femminile(-1,1 punti percentuali rispetto al 1990). Il numero di casi prevalenti totali invece è aumentato del 22,4%, passando da 5,8 milioni di casi nel 1990 a circa7,5 milioni nel 2017, con un sostanziale bilanciamento tra uomini e donne.(1)
Le malattie dell’apparato cardiocircolatorio rappresentano la causa più frequente di ricovero ospedaliero in Italia, pari a quasi 900.000 ricoveri (nel 2017) in regime ordinario (14,3% del totale). Tra le cause più frequenti di ricovero troviamo lo scompenso cardiaco (168.000 ricoveri nel 2017), seguito dall’angioplastica percutanea coronarica (134.000 ricoveri) ed all’infarto miocardico acuto (130.000 ricoveri). (1)
L'ictus cerebrale e l'infarto del miocardio sono le più gravi e frequenti malattie cardiovascolari. Nel primo caso la patologia determina una riduzione di sangue a livello di una zona del cervello; nel secondo caso si ha una riduzione del flusso di sangue a livello di una delle coronarie, i vasi deputati a portare il sangue al muscolo cardiaco(miocardio). Il danno provocato al cuore dall'infarto rende più difficile il lavoro di pompa di quest'organo e questo può determinare problemi circolatori anche in altri distretti corporei. (2)
Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 ictus, di cui il 20% sono recidive. Il 10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese e un altro 10% entro il primo anno di vita. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti a un ictus guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi, la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza. L’ictus è più frequente dopo i 55 anni, la sua prevalenza raddoppia successivamente ad ogni decade; il 75% degli ictus si verifica nelle persone con più di 65 anni. La prevalenza di ictus nelle persone di età 65-84anni è del 6,5% (negli uomini 7,4%, nelle donne 5,9%). (3)
Sia l'ictus cerebrale che l'infarto del miocardio sono, nella maggior parte dei casi, la conseguenza del fenomeno noto con il termine di aterosclerosi. L'aterosclerosi consiste nella formazione di depositi (le placche aterosclerotiche) di materiale grasso prevalentemente colesterolo) sulla parete interna dei vasi. La formazione della placca è un fenomeno che avviene nel tempo e dipende dalla predisposizione di ciascun individuo e dalla presenza e gravità dei cosiddetti fattori di rischio. La placca aterosclerotica restringe il lume del vaso e determina una riduzione del flusso sanguigno. Le cellule a valle del restringimento saranno fornite di una quantità ridotta di ossigeno e sostanze nutritizie; ciò determina una sofferenza, l’ischemia, che diventa particolarmente evidente in situazioni di aumentato fabbisogno energetico, come durante lo sforzo fisico. Il quadro clinico corrispondente all’ischemia miocardica è l’angina. Il paziente avvertirà un dolore, generalmente in corrispondenza dello sterno, l'angina per l'appunto. Le placche, inoltre, possono rompersi e questo determina l’attivazione del sistema della coagulazione (come per le ferite) e la formazione di un tappo emostatico costituito dalle piastrine e dai componenti del sistema della coagulazione. Il tappo emostatico (trombo) determina un'ostruzione a valle della quale non arriverà sangue né ossigeno né sostanze nutritizie. La sofferenza delle cellule è tale che vanno incontro a morte. Il quadro clinico corrispondente alla trombosi è l’infarto.(2)
Il più comune disturbo del ritmo cardiaco è rappresentato dalla fibrillazione atriale che causa un battito irregolare. L’atrio (cavità superiore del cuore) non riesce a pompare tutto il sangue nel ventricolo (cavità inferiore), causando un ristagno. Quando ciò si verifica, è possibile che si formi un coagulo nell’atrio. Se questo si distacca e, attraverso la circolazione, arriva fino al cervello, può causare un ictus (il rischio aumenta di sette volte). La fibrillazione atriale aumenta inoltre il rischio di infarto del miocardio e di morte.
Scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca sono i termini utilizzati per descrivere i segni e i sintomi che si manifestano quando il cuore, in particolare il ventricolo sinistro, perde la sua normale capacità di pompare sangue per mantenere le funzioni vitali dell'organismo, lavorando con sempre minore efficienza. Si verifica quando questo muscolo è danneggiato o sovraffaticato. Vengono così a crearsi diverse alterazioni nella circolazione arteriosa e venosa, che aggravano ulteriormente lo stato dell’organo, danneggiandolo in modo irreversibile. Inizialmente la quantità di sangue pompata dal cuore al resto dell'organismo risulta ridotta, mentre quella che torna indietro incontra una resistenza superiore al normale. Il conseguente aumento della pressione venosa provoca un'uscita del sangue dai vasi e causa edema (gonfiore) ai polmoni o agli arti inferiori. Generalmente non si manifesta in modo improvviso, ma tende a svilupparsi lentamente, possono trascorrere anni prima che emergano sintomi chiari e si possa intervenire.L'insufficienza funzionale cronica del cuore può avere anche esito fatale. Lo scompenso cardiaco può verificarsi a qualsiasi età ma è una malattia tipica di quella avanzata.
Oltre i 65 anni lo scompensocardiaco rappresenta la prima causa di ricovero in ospedale; anche per questo èconsiderato un problema di salute pubblica di enorme rilievo. A soffrire discompenso cardiaco in Italia sono circa 600.000 persone e si stima che la suafrequenza raddoppi a ogni decade di età (dopo i 65 anni arriva al 10% circa). (4)