Firenze, 2 dicembre 2020 – La Giunta regionale della Toscana ha approvato la delibera che stabilisce la rimborsabilità dei test genomici nel tumore della mammella. Questi esami molecolari, in alcune tipologie di pazienti, consentono di prevedere il rischio di recidiva e, quindi, di escludere la chemioterapia in aggiunta all’ormonoterapia, evitando inutili tossicità. In Italia, nel 2020, sono stimati quasi 55mila nuovi casi di questa neoplasia (54.976). La Toscana, che registra ogni anno circa 3.500 diagnosi, è la seconda Regione, dopo la Lombardia (e la Provincia Autonoma di Bolzano), ad assumere una decisione di questo tipo, che garantisce la completa uniformità su tutto il territorio regionale della diffusione del test genomico gratuito. La rimborsabilità è stabilita per le pazienti con tumori della mammella in stadio iniziale, che esprimono i recettori estrogenici (ER) ma non la proteina HER2, quando il clinico, sulla base di criteri clinico-patologici classici, ritenga che il beneficio di una chemioterapia adiuvante (cioè dopo l’intervento chirurgico) in aggiunta alla terapia ormonale sia incerto.
“L’introduzione dei test genomici nel percorso clinico delle pazienti colpite da carcinoma mammario rappresenta un esempio virtuoso di sinergia tra Istituzioni, pazienti e comunità scientifica, costituendo un modello di terapia personalizzata economicamente sostenibile e fortemente integrato con i percorsi diagnostico-terapeutici tradizionali – spiega Gianni Amunni, Direttore Generale Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (ISPRO) -. La decisione della Giunta rivoluziona l’approccio terapeutico a vantaggio delle donne con tumore della mammella, garantisce uniformità di cura alle pazienti su tutto il territorio e accoglie le raccomandazioni sul ruolo dei test genomici contenute nelle più importanti Linee Guida nazionali e internazionali. I test genomici, detti anche multigenici, analizzano il DNA del tumore e forniscono il profilo molecolare personalizzato di una neoplasia, un’informazione che aiuta a comprenderne meglio la biologia, e vanno eseguiti prima di iniziare qualsiasi trattamento farmacologico”. L’indicazione all’esecuzione del test verrà fatta dal Gruppo Oncologico Multidisciplinare (GOM), presente in ogni Breast Unit.
“Plaudiamo alla decisione della Toscana – afferma Saverio Cinieri, Presidente eletto Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) -. I test genomici sono un tassello fondamentale dell’oncologia di precisione. Perché il paziente possa ricevere una terapia di precisione sono necessarie una diagnosi accurata e una definizione del profilo molecolare della malattia con esami specifici. Per questo, AIOM ha chiesto che tutte le Regioni stabiliscano la gratuità dei test genomici, seguendo l’esempio della Lombardia e della Toscana. La corretta identificazione delle donne con carcinoma della mammella per cui è appropriata la chemioterapia rimane un obiettivo molto importante dal punto di vista clinico, sociale ed economico. In una specifica sottopopolazione di pazienti, i test genomici hanno dimostrato maggiore efficacia rispetto ai parametri clinico-patologici tradizionali nel definire il rischio di recidiva e, di conseguenza, il beneficio atteso dal trattamento chemioterapico in aggiunta alla terapia ormonale”.
La delibera della Giunta regionale, che acquista ancora più importanza perché assunta durante l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia, rappresenta il punto di arrivo di un’iniziativa partita dal “basso”, cioè dalle associazioni di pazienti che si occupano di tumore del seno. “L’adozione dei test genomici comporta evidenti benefici clinici, migliora la qualità di vita delle pazienti e permette un risparmio economico per il sistema sanitario – sottolinea Pinuccia Musumeci, Presidente di Toscana Donna e portavoce di tutte le associazioni regionali che si occupano di tumore al seno -. Lo scorso 20 febbraio abbiamo presentato la richiesta di rimborsabilità del test alla Commissione sanità e politiche sociali del Consiglio regionale della Toscana. La proposta è stata accolta favorevolmente e la Commissione si è fatta carico della richiesta, presentando, entro marzo, una proposta di risoluzione per impegnare la Giunta a introdurre gratuitamente il test in tutta la Toscana, uniformando l’offerta di cura. La pandemia causata dal Covid ha poi determinato alcuni ritardi. Ma il 26 maggio, il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità la nostra richiesta di garantire la possibilità di eseguire il test quando l’oncologo lo ritenga necessario, senza discriminazioni. La delibera della Giunta è l’atto finale che segna un importante traguardo. Finora infatti, in Toscana, il test genomico era eseguito solo in alcune strutture, a macchia di leopardo. Oggi viene offerta la stessa possibilità a tutte le donne, indipendentemente dal domicilio. Inoltre, non va trascurato il vantaggio economico, visto che il test costa 2mila euro e un ciclo di chemioterapia va dai 7 agli 8 mila euro”.
“La maggioranza, circa due terzi delle pazienti con tumore del seno, presenta una malattia che esprime i recettori estrogenici (ER) ma non la proteina HER2 (ER+/HER2-) – sottolinea Laura Biganzoli, Direttore Breast Center dell’Ospedale Santo Stefano di Prato -. In questi casi, quando la diagnosi è in stadio iniziale, dopo il trattamento chirurgico, l’approccio terapeutico standard per la prevenzione delle metastasi consiste nella somministrazione dell’ormonoterapia da sola o in associazione con la chemioterapia. La terapia è scelta in funzione delle caratteristiche – istologiche, patologiche ed immunoistochimiche – del tumore. Il recettore per gli estrogeni è predittivo della risposta all’ormonoterapia, ma non ci sono altri marcatori che indichino con chiarezza l’utilità della chemioterapia in queste pazienti. I test genomici aiutano il clinico ad assumere la giusta decisione terapeutica nelle donne con tumore al seno positivo ai recettori ormonali che si trovano in una sorta di zona grigia, perché la probabilità di ripresa della malattia e il vantaggio derivante da un’eventuale chemioterapia sono particolarmente difficili da stabilire”. L’Ospedale di Prato, inoltre, è il centro coordinatore di uno studio prospettico che coinvolge 300 pazienti provenienti da 13 centri senologici della Toscana. “Una meta-analisi di 7 studi indipendenti ha evidenziato che il risultato di un test genomico, Oncotype DX, può indurre una modifica dell’indicazione terapeutica fino al 37% dei casi e un recente studio condotto in Lombardia indica che questa percentuale può salire fino al 50% quando il test si applica a pazienti con tumori a rischio intermedio di recidiva – continua la prof.ssa Biganzoli -. Oltre a valutare l’impatto di Oncotype DX sulla scelta terapeutica, in questo studio vogliamo valutare la capacità del test di classificare a basso o alto rischio di recidiva pazienti con carcinoma mammario che viene definito a biologia incerta sulla base di criteri clinico-patologici standard”.