Tumore dell’endometrio avanzato o ricorrente: durvalumab più olaparib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o morte del 45%

Pubblicato il:
21.10.2023

21 ottobre2023 – I risultati positivi dell’analisi primaria dello studio di Fase IIIDUO-E mostrano che durvalumab più chemioterapia a base di platino, seguiti dadurvalumab in monoterapia o durvalumab più olaparib, hanno dimostrato unmiglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante dellasopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla sola chemioterapianella popolazione globale dello studio di pazienti con nuova diagnosi di tumoredell’endometrio avanzato o ricorrente.

I risultatisono stati presentati oggi in una sessione proffered paper del Congresso 2023della European Society for Medical Oncology (ESMO) a Madrid.

Nellapopolazione globale dello studio, i risultati mostrano che il trattamento condurvalumab più chemioterapia seguito da durvalumab più olaparib (bracciodurvalumab più olaparib) e il trattamento con durvalumab più chemioterapiaseguito da durvalumab in monoterapia (braccio con durvalumab) ha dimostrato unariduzione del rischio di progressione di malattia o di morte del 45% (rapportodi rischio [HR] 0,55; intervallo di confidenza 95% [CI] 0,43-0,69; p<0,0001)e del 29% (HR 0,71; 95% CI 0,57-0,89; p=0,003), rispettivamente,rispetto alla sola chemioterapia (braccio di controllo). La PFS mediana era di15,1 mesi nel braccio durvalumab e olaparib e di 9,6 mesi nel braccio dicontrollo.

Lo stato diriparazione del mismatch (MMR) è un biomarcatore di particolare interesse neltumore dell’endometrio, perciò nello studio DUO-E è stata condotta un’analisiesplorativa predefinita di sottogruppo. I risultati dell’analisi dei pazienticon capacità di riparazione del mismatch (pMMR) hanno mostrato una riduzionedel rischio di progressione di malattia o di morte sia nel braccio condurvalumab più olaparib che nel braccio durvalumab del 43% (HR 0,57; 95% CI0,44-0,73) e del 23% (HR 0,77; 95% CI 0,60-0,97), rispettivamente, rispetto albraccio di controllo. La PFS mediana era di 15 mesi nel braccio con durvalumabpiù olaparib e 9,7 mesi nel braccio di controllo.

I risultatidell’analisi dei pazienti con deficit di riparazione del mismatch (dMMR) hannomostrato una riduzione simile del rischio di progressione di malattia o dimorte sia nel braccio con durvalumab più olaparib che nel braccio condurvalumab del 59% (HR 0,41; CI 95% 0,21-0,75) e del 58% (HR 0,42; CI 95%0,22-0,80), rispettivamente, rispetto al braccio di controllo.

I dati ad interimdi sopravvivenza globale (OS) mostrano un andamento favorevole in entrambi iregimi terapeutici nella popolazione globale.  

“Il tumoredell’endometrio rappresenta il più comune tra i tumori ginecologici –spiega Domenica Lorusso, Responsabile UOC Programmazione RicercaClinica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma eProfessore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia Università Humanitas di Milano-. La prognosi per i casi di recidiva non è buona e la mortalità rimane alta,per questo servono terapie efficaci. I nuovi risultati presentati al CongressoESMO mostrano, per la prima volta, il potenziale della combinazionedell’immunoterapia con un PARP inibitore nel fornire un miglioramento clinicosignificativo. Va inoltre sottolineato che i benefici dell’immunoterapiatendono a durare nel tempo. I dati dello studio DUO-E possono offrire, aglioncologi e alle pazienti, nuove opportunità terapeutiche contro il carcinomadell’endometrio che è un tumore che negli anni abbiamo un po’ sottovalutato eche oggi è unico tra i tumori ginecologici con incidenza e mortalità inaumento”.

“In Italia siregistrano più di 10mila nuovi casi ogni anno – afferma Saverio Cinieri,Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Esistono diversifattori di rischio conclamati come obesità, nulliparità, ipertensione e diabetemellito. Gioca poi un ruolo, nell’insorgenza della neoplasia, anche unamaggiore predisposizione genetica e familiare. La malattia tende a svilupparsisolitamente dopo i 50 anni, in seguito alla menopausa. Tuttavia circa il 25%delle neoplasie si presenta in età premenopausale. Il primo sintomo da nonsottovalutare è il sanguinamento anomalo, che dovrebbe mettere in allarme siain pre che in postmenopausa. Proseguono le innovazioni indotte dalla ricercaclinica che negli ultimi anni ha messo a punto trattamenti innovativi. La nuovacombinazione presenta potenzialità rilevanti, che meritano di essereapprofondite da ulteriori sperimentazioni”.

“Le opzioni terapeutichedella maggior parte delle pazienti con tumore dell’endometrio avanzato sonolimitate, specialmente per quelle con capacità di riparazione del mismatch, eper molti anni non sono cambiate – aggiunge Susan Galbraith,Vicepresidente Esecutivo, Oncology R&D, AstraZeneca -. Siamosoddisfatti che i dati dello studio DUO-E mostrino un miglioramentoclinicamente significativo nelle pazienti quando durvalumab e olaparib vengonoutilizzati in combinazione oppure quando durvalumab viene aggiunto da solo. Siamoin attesa di discutere i dati con le autorità regolatorie a livello globale edi offrire alle pazienti questi nuovi approcci terapeutici il più prestopossibile”.

PD-L1 è unbiomarcatore conosciuto per durvalumab in altre indicazioni e un’analisi predefinitabasata sullo stato di PD-L1 mostra che, nella popolazione positiva a PD-L1, iltrattamento ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del58% (HR 0,42; CI 95% 0,31-0,57) e del 37% (HR 0,63; CI 95% 0,48-0,83) nelbraccio durvalumab più olaparib e nel braccio durvalumab, rispettivamenteversus il braccio di controllo. La PFS mediana era di 20,8 mesi nel bracciodurvalumab più olaparib e 9,5 mesi nel braccio di controllo.

Nellapopolazione negativa a PD-L1, il trattamento ha ridotto il rischio diprogressione di malattia o di morte del 20% (HR 0,80; CI 95% 0,55-1,16) edell’11% (HR 0,89; CI 95% 0,59-1,34) nel braccio durvalumab più olaparib e nelbraccio durvalumab, rispettivamente, rispetto al braccio di controllo.

I profili disicurezza e tolleranza di entrambi i regimi (braccio durvalumab più olaparib ebraccio durvalumab) sono risultati ampiamente coerenti con quelli osservati neiprecedenti studi clinici e con i profili già noti dei singoli farmaci.1,2

Gli eventiavversi (AEs) più comuni (che interessano circa il 20% delle pazienti)riportati nel braccio durvalumab più olaparib durante tutto lo studio sonoanemia (62%), nausea (55%), fatigue e astenia (54%), alopecia (51%),neutropenia (42%), stipsi (33%), trombocitopenia (30%), diarrea (28%), vomito(26%), neuropatia periferica (25%), neuropatia sensoriale periferica (25%),artralgia (24%), diminuzione di appetito (23%), leucopenia (20%) e infezionedelle vie urinarie (20%).

Gli AEs piùcomuni riportati nel braccio durvalumab durante tutto lo studio sono alopecia(50%), anemia (48%), fatigue e astenia (43%), nausea (41%), neutropenia (36%),diarrea (31%), artralgia (30%), trombocitopenia (28%), stipsi (27%), neuropatiaperiferica (26%), neuropatia sensoriale periferica (26%) e vomito (21%).

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