Nanofarmaci per la cura di sarcomi e melanoma “Miriamo a definire nuovi standard di trattamento”

Pubblicato il:
13.11.2023

– Le nanotecnologie per la cura dei sarcomi dei tessuti molli e delmelanoma. La strada è aperta dal progetto PEGASO, coordinato dall’IRST “DinoAmadori” IRCCS di Meldola (FC) e realizzato grazie a un finanziamentocomplessivo del Ministero della Salute nell’ambito della Ricerca Finalizzatapari a 450mila euro.

I sarcomi dei tessuti molli sono tumori rari (circa 2.300 nuove diagnosiogni anno in Italia), che in due casi su tre si formano a livello degli arti odel tronco superficiale. La sopravvivenza a 5 anni raggiunge solo il 15% nellamalattia metastatica perché l’attuale standard di cura costituito dallachemioterapia offre esiti molto limitati. Nel melanoma, il più aggressivotumore della pelle (12.700 nuovi casi stimati in Italia nel 2022),l’immunoncologia e le terapie mirate hanno radicalmente cambiato le prospettiveterapeutiche migliorando la sopravvivenza, ma vi è ancora una percentuale dipazienti che non risponde a queste cure o sviluppa resistenza. Il progettoPEGASO (acronimo di Nanotechnology-based Platforms for the improvEment oftherapeutic strateGies in soft tissue sArcoma and melanoma leSiOns), che siconcluderà nel 2026, ha due obiettivi indipendenti. Da un lato, definire nuovistandard di cura in queste due neoplasie utilizzando un nanofarmaco che neitest di laboratorio ha già dimostrato benefici nel carcinoma della mammellatriplo negativo. Dall’altro, proprio attraverso la nanotecnologia, aumentarel’efficacia di un vaccino terapeutico antitumorale.

Enti partner sono il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bologna(referenti dott. Damiano Genovese e prof.ssa Maria Letizia Focarete) e l’IRCCSIstituto Ortopedico Rizzoli di Bologna (Il direttore del reparto diOsteoncologia, Sarcomi dell’osso e dei tessuti molli e Terapie innovativedottor Toni Ibrahim e i collaboratori dottor Giorgio Frega e dottoressa LauraMercatali).

Il principio alla base delle strategie studiate è la capacità disfruttare le dimensioni infinitesimali di una particella – nell’ordine dinanometri, miliardesimi di metro – per penetrare le barriere cellulari di untumore. Una particella di circa 100 nanometri, infatti, è in grado di entrarenella cellula, che ha un diametro compreso fra i 10.000 ai 20.000 nanometri, edi interagire con il DNA e con le proteine. “La nanotecnologia può superare labarriera del cancro, finora impermeabile ad alcune terapie standard, erappresenta una strategia molto promettente per veicolare terapie antitumoralidirettamente nelle cellule malate con estrema precisione – afferma Alessandro De Vita,farmacista ricercatore del Settore di Preclinica e Osteoncologia delLaboratorio di Bioscienze dell’IRST ‘Dino Amadori’ IRCCS, PrincipalInvestigator di PEGASO affiancato dalla biotecnologa Jenny Bulgarelli –. Lenanoparticelle, che funzionano come droni, sono in grado di attraversare lamassa densa che circonda il cancro e di trasportare il farmaco antitumorale inmaniera selettiva nelle cellule malate, in concentrazioni maggiori e senzadanneggiare i tessuti sani. Siamo di fronte alle più avanzate terapie abersaglio molecolare. In questo modo, è possibile migliorare la sopravvivenza ela qualità di vita del paziente. Crediamo fermamente che le nanoparticelleutilizzate come piattaforma innovativa per la veicolazione di farmaciantitumorali possano migliorare la specificità e l’efficacia delle cure”.

In particolare, lo studio PEGASO mira ad approfondire il meccanismod’azione di un nanofarmaco, il LIPO-LOX, sviluppato dai ricercatori IRST indieci anni di studi e che ha già evidenziato, nei test di laboratorio,risultati positivi nel carcinoma mammario triplo negativo, per analizzarne ilruolo anche nel trattamento dei sarcomi e dei melanomi con mutazione del geneBRAF. “LIPO-LOX è un liposoma – spiega De Vita – una particella di dimensioninanometriche ingegnerizzata con un anticorpo monoclonale per colpirespecificamente le cellule tumorali. Dal campione chirurgico del pazientevengono isolate le cellule tumorali, per essere coltivate in laboratorio edesposte al nanofarmaco. Altro obiettivo di PEGASO è utilizzare la piattaformananotecnologica come strategia di stimolazione della risposta immunitaria conun vaccino antitumorale. Una delle ipotesi cui vogliamo dare risposta è cheabbinare nanofarmaci con vescicole di rilascio dell’Rna tumorale possarendere più efficace il vaccino ripristinando così il sistema immunitario delpaziente aiutandolo a contrastare la malattia”.

“Siamoorgogliosi di promuovere il Progetto PEGASO – spiega Giovanni Martinelli,Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘DinoAmadori’, IRST IRCCS di Meldola –. Questa iniziativa rientra tra i progetti diRicerca Finalizzata, nella categoria Giovani Ricercatori, che il Ministerodella Salute seleziona tra quelli meritevoli di sostegno economico. È unica eoriginale, con l’obiettivo ambizioso di aprire nuove vie nel trattamento dipatologie come i sarcomi dei tessuti molli, che molto spesso colpiscono igiovani. E, nel melanoma, è fondamentale comprendere i meccanismi di resistenzaalle cure e aumentare il numero di pazienti in cui la malattia diventa cronicao si raggiunge la guarigione. Non va dimenticata la prevenzione di questaneoplasia della pelle, che consente di salvare vite. All’IRST, che dispone didue Skin Cancer Unit, ogni anno vengono eseguite circa 1000 escissioni dimelanomi in situ, cioè di lesioni in stadio iniziale guaribili con l’interventochirurgico. Il Progetto PEGASO è il coronamento del lavoro di 10 anni deinostri ricercatori nel campo delle nanotecnologie e della collaborazione con ipiù importanti centri al mondo di ricerca sui nanofarmaci, come il MethodistHospital Research Institute di Houston. Nel nostro Istituto – conclude il Prof.Martinelli – abbiamo una Cell Factory autorizzata dall’Agenzia Italiana delFarmaco per la produzione di Medicinali per la Terapia Avanzata (ATMP) concirca 20 anni di esperienza nella produzione di un vaccino antitumorale a basedi cellule dendritiche. Siamo uno tra i pochissimi centri in Italia a potersomministrare questo vaccino e molti pazienti vengono da fuori Regione perricevere la cura”.

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