Tumori del sangue

Come per i tumori solidi anche per quelli del sangue alla base vi è una crescita irregolare e incontrollata delle cellule. Possono inoltre interessare e colpire anche il midollo osseo, il sistema linfatico e quello immunitario. Le neoplasie ematologiche si suddividono in tre macro-gruppi: leucemie, linfomi e mielomi e si presentano in forma cronica o acuta.

Esistono dei fattori rischio conclamati che sono:

·   scorretti stili di vita (soprattutto obesità e fumo di sigaretta)
·   fattori ambientali (esposizione prolungata ad alcune sostanze chimiche o a radiazioni)
·   effetti collaterali di terapie anti-tumorali
·   età (due terzi dei casi interessano persone con più di 65 anni)
·   particolari malattie o fattori genetici
·   infezioni da alcuni virus

Si calcola che i tumori del sangue rappresentino il 10% di tutte le neoplasie registrate in Italia e ogni anno ci sono circa 35mila nuovi casi. Grazie alla ricerca medico-scientifica sono stati fatti grandi passi in avanti e ciò ha permesso un aumento dei tassi di sopravvivenza. Oggi il 70% dei pazienti ematologici riesce a guarire dalla malattia e può condurre un’esistenza normale.

Esistono però grosse problematiche soprattutto per alcune patologie ancora insidiose e difficili da trattare. Per esempio la leucemia mieloide acuta e la mielofibrosi primaria sono malattie ancora molto letali. Il numero di nuovi casi di pazienti con tumori ematologici è per forza destinato ad aumentare a causa dell’invecchiamento generale della popolazione. Nonostante i successi registrati sul fronte dei trattamenti risulta ancora molto difficile ottenere una diagnosi precoce e quindi un intervento terapeutico tempestivo.

I tumori del sangue, infatti, si presentano solitamente con sintomi aspecifici e riconducibili a più semplici problemi di salute come l’influenza (senso di stanchezza e debolezza, febbre, dolori alle ossa e articolazioni, dimagrimento improvviso, piccoli sanguinamenti, sudorazione eccessiva o prurito). Tutte queste avvisaglie vanno comunque segnalate al proprio medico che potrà poi prescrivere esami più approfonditi. Le patologie possono essere riscontrate attraverso specifici esami del sangue, biopsia del midollo osseo o di un linfonodo ingrossato (1).

Leucemia

Con questo termine si intende una serie di malattie neoplastiche del sistema emopoietico e che possono coinvolgere anche il midollo osseo e il sangue periferico. Sono causate dalla proliferazione incontrollata di cellule staminali ovvero quelle che danno origine ai globuli bianchi e rossi e alle piastrine. 

Quando la patologia nasce dalle cellule linfoidi del midollo osseo si parla di leucemia linfoide. Se invece si sviluppa da cellule di tipo mieloide viene chiamata leucemia mieloide. In base invece all’andamento clinico, che può essere più o meno aggressivo, si dividono in leucemie acute e croniche.

Nel 2020 sono state registrate 8.000 nuove diagnosi di leucemie (4.700 tra gli uomini e 3.200 tra le donne) mentre i decessi ammontano a 6.400 (3.600 maschi e2.800 femmine). La sopravvivenza a cinque anni si attesta al 48% per gli uomini e al  47% per le donne. In totale vivono in Italia 85.000 persone dopo una diagnosi di leucemia. La Leucemia Linfatica Cronica di origine B è la più frequente tra gli adulti nei paesi occidentali e rappresenta il 30% di tutte le leucemie. La Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) rappresenta invece l’80% di quelle leucemie registrate tra i bambini e nei giovani con meno di 15 anni. E’ invece meno frequente nell’adulto e rappresenta il 20% delle forme leucemiche dell’età avanzata.

Queste malattie vengono trattate solitamente attraverso diverse terapie specifiche che possono essere somministrate in sequenza o in combinazione. La chemioterapia avviene attraverso l’utilizzo di farmaci per via orale o endovenosa. Sono disponibili anche farmaci biologici, a bersaglio molecolare o immunoterapici (cioè in grado di indurre il nostro sistema immunitario a individuare ed eliminare le cellule leucemiche).

La chirurgia e la radioterapia invece giocano un ruolo molto marginale e sono poco utilizzate. Un’altra opzione di cura è rappresentata dal trapianto di cellule staminali che vengono innestate al posto di quelle malate. Il donatore spesso e volentieri è un parente del paziente ma può essere anche una persona estranea al nucleo familiare (2). 

Linfomi

Sono i tumori che colpiscono il nostro sistema linfatico e soprattutto i linfociti ovvero le cellule adibite a contrastare le infezioni. I linfomi si dividono in due grandi categorie: i linfomi di Hodgkin e i linfomi non Hodgkin.

I linfomi di Hodgkin
La patologia si presenta con un ingrossamento dei linfonodi del torace e del collo e nella metà dei casi si evidenzia un coinvolgimento di altri organi tra cui polmone, milza e scheletro. Tra i vari fattori di rischio gioca un ruolo importante l’infezione da EBV (o Herpesvirus di tipo 4) che può avere un ruolo nell’insorgenza di un terzo circa dei casi.
Nel 2020 sono state registrate 2.150 nuove diagnosi di leucemie (1.220 tra gliuomini e 930 tra le donne). La sopravvivenza a cinque anni si attesta al l'82% per gli uomini e  all'87% per le donne. In totale vivono in Italia 67.000 persone dopo una diagnosi.
Grazie all’efficacia dei trattamenti disponibili il trattamento del linfoma di Hodgkin rappresenta uno dei maggiori successi dell’oncologia moderna. La malattia può essere curata attraverso la somministrazione di farmaci chemioterapici utilizzati a volte anche in combinazione con radioterapia. Si può inoltre ricorrere all’autotrapianto di midollo.

I linfomi non Hodgkin 
Rappresentano un gruppo eterogeneo di 60 diverse neoplasie del sistema immunitario che originano dai linfociti di tipo B o T.  La patologia si presenta con un ingrossamento dei linfonodi in diverse sedi (collo, inguine) e può determinare anche un ingrossamento o gonfiore degli organi coinvolti (stomaco o milza).
Nel 2020 sono state registrate 13.200 nuove diagnosi di leucemie (7.000 tra gli uomini e 6.200 tra le donne). La sopravvivenza a cinque anni si attesta al 64% per gli uomini e al 67% per le donne. In totale vivono in Italia 156.400 persone dopo una diagnosi.  Questo gruppo di patologie rappresenta uno dei primi dieci tumori per frequenza in Italia pari al 3% circa di tutte le neoplasie.
Il trattamento prevede l’utilizzo di chemioterapia associata o meno all’immunoterapia e, in alcuni casi, a radioterapia. Quando la malattia non risponde al trattamento o se si ripresenta si può ricorrere al trapianto di cellule staminali autologo (prelevate dallo stesso paziente) o allogenico (da un donatore compatibile) (2).

Mieloma multiplo

Il mieloma multiplo è una forma di cancro che interessa le cellule del sistema immunitario originate nel midollo osseo (le plasmacellule). Derivano dai linfociti B che, insieme ai linfociti T, sono fra le principali cellule coinvolte nella risposta immunitaria.

Oltre due terzi dei pazienti presentano al momento della diagnosi dolore osseo (soprattutto alla schiena) e circa il 75% ha delle fratture ai raggi X. Si tratta di sintomi debilitanti con un impatto significativo sulla qualità di vita e che rendono difficile svolgere le più comuni azioni quotidiane. La diagnosi precoce risulta tuttavia molto difficile perché nella maggioranza dei casi i malati non hanno manifestazioni esplicite della malattia fino a quando non arriva allo stadio avanzato. Esami del sangue, che evidenziano elevati livelli di immunoglobuline, possono fornire una prima indicazione della presenza del tumore delle plasmacellule.

Rappresenta poco più dell'1% di tutti i tumori diagnosticati in Italia in entrambi i sessi. Le stime indicano come ogni anno ci siano oltre 5.700 nuovi casi nel nostro Paese (3.000 uomini e 2.700 donne). E' una malattia che colpisce soprattutto gli anziani e l'età media alla diagnosi è di 68 anni: solo il 2% dei pazienti ha meno di 40 anni e il 38% invece ne ha più di 70.

Negli ultimi anni la sopravvivenza al mieloma multiplo è quintuplicata e sono disponibili diversi trattamenti. Ciò nonostante ancora oggi solo un malato su dieci riesce a guarire dalla patologia. Oltre il 90% dei pazienti va invece incontro a recidiva. La chemioterapia è una delle armi a disposizione e può essere somministrata per via orale e per iniezione (intramuscolare ointravenosa). In alcuni casi si può ricorrere alla radioterapia, al trattamento chirurgico o al trapianto di cellule staminali del sistema linfoide. Infine è possibile utilizzare, in caso di recidiva, delle terapie avanzate “CAR-T” (“Chimeric Antigen Receptor T cell therapies”)(3).

Sindromi mielodisplastiche

Si tratta di un gruppo di patologie del sangue originate da un deterioramento di una delle cellule staminali presenti nel midollo osseo. Vengono definite malattie clonali perché il loro sviluppo è determinato da una singola cellula che, sfuggendo ai meccanismi di controllo, si moltiplica, dando origine a cellule alterate nella forma e nella funzionalità. I sintomi e il decorso variano in modo significativo in base al tipo di cellula ematica colpita. Si può avere quindi anemia (riduzione di globuli rossi), neutropenia (riduzione di globuli bianchi) o piastrinopenia (riduzione di piastrine). Le sindromi mielodisplastiche, nei casi più gravi, possono evolvere in leucemia mieloide acuta, una neoplasia molto aggressiva.

Si calcola che la malattia colpisca 4-5 persone ogni 100mila abitanti e, fra glianziani, si arriva anche a 50 casi ogni 100mila. L’incidenza risulta doppia fra gli uomini rispetto alle donne e in Italia i pazienti hanno in media 74 anni. L’età avanzata provoca una serie di difficoltà nella gestione della malattia soprattutto per quanto riguarda l’anemia grave che ne rappresenta la manifestazione più frequente. I sintomi più frequenti dovuti alla carenza di emoglobina sono rappresentati da stanchezza, perdita di peso, difficoltà respiratorie e battito cardiaco accelerato. L’impatto sulla qualità di vita è enorme, soprattutto per le persone con anemia grave che devono recarsi in ospedale, in alcuni casi ogni settimana, per le trasfusioni di sangue.

L’unico trattamento definitivo per le sindromi mielodisplastiche è rappresentato dal trapianto di cellule staminali. E’ però praticabile solo in un numero limitato di casi e nei pazienti con meno di 70 anni. Recentemente sono stati studiate e introdotte nuove terapie che hanno dimostrato di ridurre (o anche eliminare) il fabbisogno di continue trasfusioni di globuli rossi tipico della malattia(4).


1. ISS:Link

2. AIRTUM, AIOM e Fondazione AIOM “I numeri del cancro in Italia 2020”

3. AIOM Linee guida Mieloma 2017

4. AIL: Link